Com’è strutturato il Codice di Crisi d’impresa? (prima parte)
Uno dei temi più caldi di questi tempi, è quello legato alla Crisi di impresa. Esso fornisce alle aziende nuovi strumenti per la diagnosi precoce dello stato di difficoltà, con l’obiettivo di garantire la continuità aziendale.
Il Codice di Crisi di impresa (che abbrevieremo per comodità con la sigla CCI) è stato introdotto con il Decreto legislativo 14/2019, pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 14 febbraio 2019 ed entrerà in vigore dal prossimo 15 agosto 2020, nel 2021 invece per le nano imprese.
Il CCI che cosa comporterà? Questi i punti fondamentali:
- Saranno introdotte le giuste procedure per anticipare la Gestione della Crisi d’impresa prima che questa diventi insolvenza, al fine di evitare fallimenti o liquidazioni giudiziali, a favore del superamento della crisi e del mantenimento della continuità aziendale.
- Si passerà all’abrogazione del termine fallimento, il quale sarà sostituito con il termine Liquidazione Giudiziale. Questo passaggio non sarà un fattore meramente linguistico, ma sarà un’azione volta nel concreto a dare maggior soddisfacimento degli interessi dei creditori con procedure diverse e a dare nuove e maggiori garanzie per gli acquirenti di immobili da costruire.
- Introduzione della definizione della parola “Crisi”. Essa dovrà essere utilizzata per definire la probabilità dell’insolvenza , non ancora insolvenza. Termine che avrà un significato diverso e specifico per le Imprese: per queste, crisi significherà inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici per far fronte alle obbligazioni in carico.
- Introduzione della definizione di “Insolvenza”: essa dovrà essere utilizzata per descrivere inadempimenti o altro che dimostrino di non essere in grado di far fronte alle obbligazioni.
Crisi d’impresa, i soggetti interessati
Non si pensi che la normativa sia rivolta solo alle Srl. Si può parlare di crisi d’impresa per tutte le società ed anche gli imprenditori individuali eccezion fatta coloro che non possono fallire. Relativamente a quest’ultima affermazione, non sono considerati a rischio di Liquidazione Giudiziale gli imprenditori solventi e coloro che svolgono attività agricola.
Tra questi, rientra anche l’imprenditore che non supera tutti e tre i seguenti paletti: un attivo patrimoniale di 300mila euro in tutti e tre gli esercizi antecedenti l’istanza ricavi lordi annui di 200mila euro in tutti e tre gli esercizi antecedenti l’istanza; debiti non scaduti di 500mila euro alla data dell’istanza.
L’imprenditore in se, racchiude ovviamente anche degli obblighi ben specifici:
- A livello individuale di adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e assumere le iniziative necessarie per fronteggiare la situazione in maniera tempestiva.
- A livello collettivo di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa. Ciò significa munirsi di un elenco delle procedure interne delle deleghe e dei poteri di ciascuna funzione aziendale, valutazione dei rischi e avere controllo aggiornato del budget, report e analisi degli scostamenti.
Crisi d’impresa, i soggetti non interessati
Anche i cosiddetti soggetti non interessati avranno comunque degli obblighi. Per l’imprenditore ad esempio, rimane il concetto di sovraindebitamento, ovvero quando la crisi o insolvenza interessa soggetti a cui non possono applicarsi liquidazione giudiziale, liquidazione coatta amministrativa o altre procedure liquidatorie del consumatore, professionista, imprenditore minore, imprenditore agricolo. La vigilanza del sovraindebitamento rimane affidata All’OCC, ovvero Organismo di Composizione delle Crisi del sovraindebitamento.
Il rapporto tra indici e Indicatori della crisi
Indici, altri indici ed indicatori nella Crisi d’impresa sono concetti presenti all’interno del Codice della Crisi d’impresa, differenti l’uno dall’altro.
Gli indicatori servono per la misurazione degli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, tutti rilevabili attraverso appositi indici che danno evidenza della sostenibilità dei debiti e la prospettiva di continuità aziendale per l’esercizio in corso o per i sei mesi successivi. Parte di questi indici sono stati elaborati ma non ancora ufficializzati dal MISE.
Gli indici di competenza servono invece a misurare la sostenibilità degli oneri dell’indebitamento con i flussi di cassa, misurano l’adeguatezza dei mezzi propri e quelli di terzi.
Ci sono poi una serie di indici non di competenza del Consiglio Nazionale dei Dottori commercialisti e degli Esperti Contabili come la manifestazione di continuati e significativi ritardi nei pagamenti, e quindi, debiti per retribuzioni scaduti da 60 giorni oppure debiti verso i fornitori scaduti da 120; infine il superamento, nell’ultimo bilancio approvato o comunque per oltre tre mesi, degli indici elaborati dal CNDCEC.
Il rapporto tra indici CNDCEC e generici indicatori, è segnato anche da un’ulteriore eccezione, ovvero la possibilità di deroga motivata dal professionista in Nota Integrativa scegliendo un indice di tipo diverso.
Gli indici CNDCEC
Questi indici sono parametri che seguono una specifica gerarchia: innanzitutto si controlla che il Patrimonio Netto non sia negativo, di seguito si passa al Debt Service Coverage Ratio (ovvero il rapporto tra i flussi di cassa liberi, dei sei mesi successivi, e l’ammontare dei debiti da rimborsare nello stesso arco temporale) a 6 mesi, il quale deve riportare un valore inferiore ad 1.
Se il PN>0 e il Debt Service Coverage Ratio non è disponibile, scattano allora i cinque indici, con varie soglie limite a seconda del settore di appartenenza. Indici che sono:
- Indice di sostenibilità degli oneri finanziari: rapporto tra gli oneri finanziari e i ricavi
- Indice di adeguatezza patrimoniale: rapporto tra patrimonio netto e debiti totali
- Indice di ritorno liquido dell’attivo: rapporto tra cash flow e totale attivo
- Indice di liquidità: rapporto tra attività breve termine e passività a breve termine
- Indice di indebitamento previdenziale e tributario: rapporto tra l’indebitamento previdenziale tributario e il totale dell’attivo